La collana Documenti di architettura, impegnata da sempre nel documentare il panorama architettonico giapponese, si arricchisce di un nuovo titolo sull'opera discussa e controversa di Shin Takamatsu (1948).
La collana Documenti di architettura, impegnata da sempre nel documentare il panorama architettonico giapponese, dopo le monografie dedicate ai giovani Shuhei Endo (1960), Satoshi Okada (1962), Kazuyo Sejma (1956) e Ryue Nishizawa (1966), Kengo Kuma (1954), Waro Kishi (1950), e ai maestri Tadao Ando (1941) e Arata Isozaki (1931) si arricchisce di un nuovo titolo sull’opera discussa e controversa di Shin Takamatsu (1948). Laureatosi in architettura presso la Kyoto University nel 1971 inizia la sua attività nella seconda metà degli anni Settanta realizzando piccole abitazioni monofamiliari per dedicarsi, negli anni successivi, alla progettazione di edifici commerciali, un genere in cui ottenne ben presto grande successo. L’aggressiva originalità delle sue opere permisero a Takamatsu di imporsi nel caotico e concitato paesaggio urbano giapponese e di offrire alla committenza immagini forti e catalizzanti. Nel corso della seconda metà degli anni Ottanta gli edifici di Takamatsu diventano oggetti sempre più frammentati, eccentrici e paradossali, sorta di robot ingigantiti in cui elementi architettonici altamente tecnologici danno forma a strutture sorprendenti senza riconoscibili coerenze costruttive. Negli anni Novanta la vivacità espressiva di Takamatsu subisce una svolta decisiva, la sua produzione si orienta verso una composizione caratterizzata dall’uso spettacolare di forme geometriche pure che lo porteranno ad esportare la sua opera anche fuori dal Giappone. Il volume, introdotto dai testi critici di Masaru Kawatoko e Waro Kishi, documenta le opere più significative realizzate in oltre quanta anni di attività.