Il libro ripercorre le tappe della lunghissima carriera di Giovanni Michelucci, architetto e uomo di cultura le cui vicende umane e professionali sono indissolubilmente legate al nostro tormentato Novecento.
Gli anni della formazione di Michelucci sono tra quelli cruciali per la cultura europea: le scienze e le tecniche subiscono metamorfosi profonde, che coinvolgono intimamente modi e forme delle arti. Pistoia, la città natale (1891), risente del nuovo clima culturale e sui giornali locali trovano spazio dibattiti culturali di ampio respiro legati, ad esempio, all’ermetismo.
L’esordio progettuale di Michelucci avviene nell’ambito di un’attività artigianale, quella della lavorazione del ferro, che fa parte della tradizione familiare. Seguono gli anni della guerra, che lo vedono impegnato al fronte. Al ritorno realizza la sua prima opera architettonica impegnativa: il caffè Moderno. Insegna in una scuola di arte applicata con un metodo didattico fondato sull’assidua collaborazione tra e con gli allievi. Nel 1925 si iscrive al partito fascista mentre comincia a occuparsi sempre più di architettura. Intorno al 1926 si trasferisce a Roma dove progetta e realizza gli istituti di Mineralogia e di Fisiologia per la Città universitaria e si afferma come personalità-chiave della cultura architettonica italiana. La sua attività cesserà solo nel 1985.
In questo lunghissimo arco di tempo realizza opere molto note, come la stazione ferroviaria di Firenze (1932-35) e la chiesa sull’autostrada del Sole a Campi Bisenzio (1960-64).